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Tra Alieni guardiani e Reset globali.

C'è una domanda che mi tormenta: e se gli alieni fossero già qui? Non parlo di omini verdi da film, ma di entità complesse, guide silenziose o osservatori neutrali. Forse ci osservano da qualche angolo remoto dello spazio, pazienti, mentre scommettono su quanto resisteremo prima di premere reset.

Ora, lo so cosa state pensando: "Ah, eccola qui, un'altra teoria da complottista con la testa tra le stelle e i piedi fuori dalla realtà." Teoria da fantascienza, un incrocio tra Matrix e Divergent. Forse avete ragione. Ma se vi soffermate un attimo ad osservare il mondo con occhi un po' più aperti, quelli che usate quando guardate le stelle e pensate di essere solo un puntino nell'universo, qualcosa inizia a non tornare. E le piramidi? Troppo perfette per essere solo il risultato di corde e schiavi. Il collasso ciclico delle civiltà? Troppo preciso, quasi come se qualcuno stesse controllando il termostato del nostro progresso.

Ed è qui che entrano in gioco loro, i miei alieni. Non immaginateli come creature goffe e verdi, ma come entità enigmatiche, osservatori silenziosi che incarnano ruoli diversi a seconda del momento e della nostra capacità di meritare la loro attenzione. Da un lato, li vedo come guardiani benevoli, figure quasi mitologiche che, come genitori pazienti, ci osservano mentre inciampiamo, impariamo e, ogni tanto, cadiamo rovinosamente. Non intervengono subito, no: si limitano a sorridere in silenzio, consapevoli che ogni bambino deve sbucciarsi le ginocchia per capire come si sta in piedi. Dall'altro lato, sono spettatori neutrali, osservatori scientifici dall'approccio distaccato, un po' come antropologi stellari che prendono appunti su ogni nostro errore, su ogni nostro successo, e chissà, forse lo archiviano in un grande manuale cosmico dedicato alle "civiltà che ce l'hanno quasi fatta". E poi ci sono i giudici cosmici, i più temuti, quelli che osservano senza pietà, con un rigore che farebbe impallidire il tribunale degli dei. Non brandiscono spade di fuoco, ma bilance invisibili: pesano la nostra moralità, la nostra intelligenza e la nostra capacità di non autodistruggerci. Sanno aspettare, come solo chi ha visto migliaia di mondi riseppellirsi sotto le proprie rovine può fare. E mentre noi qui, sulla Terra, giochiamo con intelligenza artificiale, guerre e disastri climatici, loro potrebbero essere lì, a discutere in qualche lingua cosmica incomprensibile se questo sia il nostro ultimo atto o solo l'inizio di una scena migliore.

Ora, non fraintendetemi... Non è che io voglia vedere il mondo bruciare (non del tutto, almeno). Ma, diciamocelo: non stiamo andando proprio alla grande. Intelligenza artificiale, computer quantistico, cambiamenti climatici, disuguaglianze crescenti... Sembra che ci stiamo avvicinando a un punto di rottura. Un reset globale non è poi un'idea così folle: una crisi che spazzi via le vecchie strutture, per lasciar spazio a qualcosa di nuovo. Come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, o - se vogliamo restare nell'ambito alieno - come una civiltà che si "riavvia" sotto la supervisione dei guardiani.

Forse questi cicli di collasso non sono accidentali, ma orchestrati. Un esperimento cosmico: si costruisce, si osserva, si lascia fallire e si riprova. E noi? Siamo solo pedine, puntini minuscoli che cadono in buchi neri metaforici.

La storia delle civiltà segue un ciclo inquietante: nascita, sviluppo, apice e, infine, declino. Spesso il collasso è figlio della crescita incontrollata, che consuma risorse oltre ogni limite. Gli imperi prosciugano fiumi e abbattono foreste, credendo che la natura sia un pozzo senza fondo. Ma ogni pozzo ha il suo limite.

Le società spesso crollano sotto il peso delle disuguaglianze interne: la distanza tra chi ha tutto e chi non ha nulla diventa insostenibile. L’ordine sociale si incrina, le fondamenta cedono e ciò che sembrava solido si sgretola. Non furono solo i barbari a spezzare l’Impero Romano, ma un sistema divenuto insostenibile anche dall'interno.

Il ruolo della natura è implacabile. Il clima cambia, e civiltà un tempo fiorenti si ritrovano in deserti aridi e senza fiumi. La misteriosa civiltà della Valle dell'Indo ne è un esempio: cancellata da mutamenti climatici così drastici da lasciare dietro di sé solo rovine.

Infine, c'è la questione della complessità. Le civiltà, crescendo, diventano sempre più complesse e fragili, come un orologio perfetto che si blocca al minimo guasto. Quando un ingranaggio si rompe, tutto si ferma e crolla, come un edificio su fondamenta troppo fragili.

Eppure, ogni collasso ha un risvolto nascosto. Quella che appare come una fine, spesso è solo l'inizio di qualcosa di nuovo. Dalle rovine emergono nuove idee, nuove culture, nuovi modi di vivere. Il Medioevo, spesso visto come un periodo oscuro, è stato il ponte che ha portato al Rinascimento. Le crisi spingono l'umanità a ripensare se stessa, a reinventarsi.

E se i guardiani fossero lì, in silenzio, ad aspettare questo momento? Forse il collasso è solo un passaggio necessario per farci crescere.

Che ci crediate o no, l'idea che gli alieni possano essere qui - guide, spettatori o giudici - è meno assurda di quanto sembri. Basta guardare il mondo, le piramidi, i sogni e i collassi ciclici della storia.

Forse siamo davvero vicini al reset globale.

L’aria stessa sembra pregna di una tensione sotterranea, come se l’universo trattenesse il fiato. Forse stanno per rivelarsi. Me li immagino comparire all’improvviso, non con luci accecanti o discorsi epici, ma con una presenza calma, quasi familiare, come se fossero stati qui da sempre. Il loro arrivo non segnerebbe una vittoria né una resa, ma un incontro: uno scambio di sguardi carico di significati, troppo profondi per essere espressi a parole.

E se un giorno li incontrerò davvero, saprò cosa dire: “Ci avete messo un po', ma vi stavo aspettando.” Non sarebbe un saluto formale, ma piuttosto una constatazione intima, come rivedere un vecchio amico. Li guarderei negli occhi – se di occhi si tratta – e cercherei in loro la risposta a tutte le domande che da sempre mi tormentano. Da dove veniamo? Perché siamo qui? E, soprattutto, cosa ci attende dopo? Magari sorriderebbero, un sorriso che non ha bisogno di labbra, e con un gesto o un silenzio farebbero capire che le risposte sono sempre state dentro di noi. Forse non sarebbero lì per giudicarci, ma per aiutarci a vedere ciò che abbiamo ignorato troppo a lungo.

Immagino che non sarebbero sorpresi dalla nostra confusione, dai nostri tentativi di capire. Ci accetterebbero per quello che siamo: una specie ancora in evoluzione, ancora imperfetta. E nel loro sguardo troveremmo un misto di pazienza e fiducia, come se avessero sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato. Forse il reset globale non è altro che una rinascita, e il loro arrivo, un atto di semplice presenza: la scintilla che ci invita a ricominciare.

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